SOLIDARIETA' CONCRETA

SOLIDARIETA' CONCRETA

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domenica 30 giugno 2013

NON PER ODIO MA PER AMORE

ore 19.30 cena
ore 21.30 con Heidi Giuliani, Paola Staccioli, Silvia Baraldini. Letture, interventi, video.
ore 23.00 musica DJ SET Affinity

La presentazione è inserita nelle iniziative al femminile "SAPERI E SAPORI" (6 e 7 luglio) organizzate dal Campeggio No Tav 2013


Scheda approfondite e altre informazioni sul libro al sito di DeriveApprodi:



sabato 29 giugno 2013

NON ESISTONO LOTTE LOCALI di Serge Quadruppani

Foto dalla Turchia - libri a Gezi Park

da www.wumingfoundation.com

Dalla Val di Susa al Cotentin, dalle vallate basche a Creta, dalle Saline Joniche alle foreste intorno a Mosca, da Niscemi al bosco di Morvan, da Gorleben allo stretto di Messina, dalle città marocchine alle campagne polacche si può stimare in centinaia di migliaia il numero di persone che negli ultimi anni si sono mobilitate contro progetti che distruggono territori e modi di vivere che in quei territori si erano sviluppati. Se aggiungiamo i contadini e cittadini in lotta dall’India all’Ecuador, contro il land grabbing nel quadro dello sviluppo agricolo «moderno» o contro progetti minerari; gli abitanti dei villaggi in lotta contro l’appropriazione delle foreste in Cambogia; i residenti cacciati dai loro vecchi quartieri in Cina etc. si può dire che questi movimenti d’opposizione coinvolgono milioni di persone. Di fronte a queste battaglie, a tutte le latitudini, il potere non cessa di ripetere il suo mantra: progresso, sviluppo, posti di lavoro. Ciononostante, si può prevedere che la moltiplicazione e l’amplificazione su scala planetaria di queste lotte sarà uno dei fenomeni più importanti nei decenni a venire.
Simili manifestazioni di resistenza non sono certo nuove. In Francia non ci si è scordati del Larzac, qualcuno in Italia ricorda ancora la Val Bormida [Cfr. Alessandro Hellmann, Cent’Anni di Veleno, Stampa Alternativa, 2005; Patricia Dao, Bormida, Oxybia Editions (edizione bilingue)]. La lotta di una parte degli abitanti di una valle tra Liguria e Piemonte contro una fabbrica di esplosivi (prima) e prodotti chimici avvelenanti (poi), è durata praticamente 117 anni, dalla fondazione dello stabilimento alla sua chiusura nel 1999. Nei suoi ultimi dieci anni, quel movimento seppe conquistarsi solidarietà diffusa nella penisola, tuttavia non c’è mai stato nulla di paragonabile a quanto accaduto dopo che Luca Abbà, arrampicatosi su un traliccio dell’alta tensione di fronte al cantiere TAV in Val Clarea, è rimasto fulminato. Una reazione di solidarietà di un’ampiezza senza precedenti è dilagata per la penisola, con manifestazioni spontanee in una decina di città, a volte seguite dal blocco delle stazioni o delle tangenziali. Va ricordato che, due giorni prima dell’«incidente» occorso a Luca, circa 100.000 persone avevano manifestato in valle. Qualcosa di simile è accaduto in Francia, su scala minore, dopo le prime espulsioni che hanno colpito la ZAD a Notre Dame des Landes.
Nel 1963, per la costruzione di un nuovo aeroporto vicino a Nantes, fu scelta una zona rurale punteggiata di boschi e zone umide protette. A partire dal 1972, questo progetto ha incontrato l’opposizione di numerosi contadini del luogo, ai quali si sono presto uniti gruppi ecologisti. Nel 2008 in quella che le autorità chiamano ufficialmente ZAD [Zone d’Aménagement Différé, Zona di Pianificazione Differita] si è sviluppata un’altra ZAD, la Zone à Défendre [Zona da Difendere], dove «squatters» di diverse nazionalità si sono dapprima insediati in edifici venduti dai loro proprietari a chi proponeva il progetto (la multinazionale dell’edilizia Vinci e il Consiglio regionale) e poi, una volta abbattuti tali edifici, dentro capanni costruiti nei boschi.
Il 16 ottobre 2012 l’operazione di polizia «César» ha mobilitato 1200 poliziotti, elicotteri e blindati per ottenere scarsi risultati, vista la resistenza incontrata. Resistenza che ha assunto tutte le forme possibili, dalle barricate alla reazione non-violenta al denudarsi. La solidarietà spontanea di centinaia di persone che hanno offerto provviste e materiali, seguita dall’imponente manifestazione del 14 novembre sfociata nella ricostruzione e rioccupazione dei capanni abbattuti, ha avuto una tale risonanza che il governo e in particolare il primo ministro Jean Marc Ayrault – che è stato a lungo sindaco di Nantes e ne aveva fatto una questione personale – sono dovuti scendere a compromessi. Il passo indietro è consistito nel creare una «commissione per il dialogo». Dialogo il cui esito dipenderà interamente dal rapporto di forza che gli oppositori alla costruzione dell’aeroporto riusciranno a creare dopo una tregua di alcuni mesi.
Una questione di potenza
Nel clima deprimente che tocca le lotte sociali in Francia come in Italia, Notre-Dame des Landes e la Val di Susa costituiscono significative eccezioni, sia per la forza del movimento sia per la rilevanza del sostegno ricevuto. Le ragioni di questo sono molteplici. La prima è la stessa che attrasse decine di migliaia di persone nelle grandi manifestazioni del Larzac. Quando, in un determinato territorio, il rifiuto dell’arbitrio statale acquisisce una forza sufficiente a resistere nel tempo, si crea uno spazio al tempo stesso geografico e simbolico, dove possono confluire tutte le lotte contro i comandi imposti dall’alto che devastano la vita di chi sta in basso.
Studenti medi e universitari che rifiutano l’ennesima ristrutturazione neoliberista dell’istruzione, operai che resistono allo smantellamento del diritto del lavoro, oppositori di diversi altri progetti, tutte queste moltitudini sempre più numerose, anno dopo anno, sono affluite nella valle che resiste, perché riconoscono in quel luogo ciò che avevano bisogno di costruire per loro stessi: una potenza. Questa potenza è ancorata alla realtà di un territorio, che è l’incontro tra il suolo e gli umani che lo abitano, e di tutto ciò che tale incontro ha prodotto: paesaggio, produzione materiale, relazioni umane, immaginario… La concretezza di un luogo preciso si oppone all’astrazione di aerei luoghi virtuali, ai poteri disseminati negli uffici da Roma a Bruxelles passando per Parigi, nei corridoi delle multinazionali, nelle transazioni sottobanco delle mafie, negli intrighi dei partiti e negli scambi di favori, dal Municipio di Bussoleno fino alle altitudini smaterializzate degli scambi elettronici istantanei della finanza globale, delle grandi compagnie e delle strutture statali e mafiose – tutto il rumore di fondo di questa rete di poteri ultimi che è piuttosto pratico ed efficace definire Impero. Il tardo capitalismo, con la sua utopia di sviluppo sganciato dal territorio (utopia perché basata sull’ipotesi di un pianeta dalle risorse illimitate), è il nemico diretto delle lotte locali.
Anche gli operai che rifiutano la delocalizzazione delle loro fabbriche – o una certa delocalizzazione «sul posto» che consiste nel far lavorare a condizioni semi-cinesi – si scontrano con l’Impero e con la difficoltà di dargli una fisionomia precisa. Ma lo fanno da una posizione di debolezza, perché si dice loro che quello spazio dove la loro vita, per mezzo del loro lavoro, si valorizzava, adesso non vale più niente, e di conseguenza nemmeno la loro vita vale più niente. Patetico spettacolo, quello dei lavoratori che occupano una fabbrica che deve chiudere. Situazione di stallo, con operai alla ricerca di un acquirente, vale a dire un nuovo sfruttatore che consenta loro di essere sfruttati. I più radicali potranno forse, facendo un po’ di tumulto o prendendosela coi politici, ottenere un minimo di risarcimento per andare a tirare la carretta altrove. Lì dove sono non sono più niente. Il delocalizzato viene così restituito alla condizione di proletario assoluto, perché nessuno vuole più saperne della sua unica ricchezza, la forza-lavoro, e non può nemmeno dire che ha da perdere solo le proprie catene: le catene, da tempo, sono passate ai suoi omologhi cinesi o bulgari.
Al contrario, la potenza delle lotte sul territorio colpisce luoghi indispensabili alla delocalizzazione: occupandoli, la si blocca. Per far funzionare una società che si nutre della parcellizzazione della produzione, della produzione a basso costo, della circolazione incessante di informazione, finanze, uomini e prodotti, servono luoghi ben concreti dove i flussi passino, aeroporti per far decollare tanto i manager quanto i turisti low cost, tunnel di 57 chilometri per far correre più veloci le merci tra Lione e Torino… Serve la linea ad alta velocità Poitier-Limoges perché il capitale possa circolare. E’ in questo che le lotte del territorio di oggi si distinguono da quelle del passato, come quella del Larzac, il cui motore essenziale rimase il rifiuto dell’autoritarismo statale: oggi non è più solo un «modo di governare» a essere messo in discussione, ma un intero mondo.
Per tracciare il volto di questo mondo, ecco il numero 4 della rivista Territoires 2040, edita dal DATAR [Direction à l’aménagement du territoire].
Qui si trova la massima elaborazione teorica a cui possa giungere l’intelligenza salariata al servizio del mantenimento dell’ordine delle cose. Nell’introduzione al dossier, opera di un brillante barone universitario, tre punti attirano l’attenzione: bisogna accettare l’ineluttabilità delle innovazioni dettate dalla tecnoscienza e dalle necessità economiche; la lezione di Fukushima non è che bisogna impedire le catastrofi, ma che bisogna preparare a esse le popolazioni; si va verso un mondo dove si svilupperà la segregazione spaziale: comunità ultra-securizzate per i ricchi, ghetti per i poveri.
Col supporto di tesi, analisi e scenari di fiction (secondo le strategie dello storytelling, segno di modernità), si presenta lo spazio del futuro come quello dove poche metropoli producono valore mentre, nel mezzo, restano le terre desolate delle popolazioni devalorizzate. Nello spazio tra le città ci sono le vie di circolazione e le dighe, i parchi eolici o le centrali destinate a farle funzionare: le cosiddette Grandi Opere. Il capitalismo «sospeso» ha bisogno, di tanto in tanto, di posare i piedi sul terreno, ed è quel terreno che le lotte cosiddette «locali» gli toglieranno da sotto i piedi.
Giacu.
Volti dell’altro mondo
Come dice lo slogan «Contro l’aeroporto e il suo mondo», dietro ogni grande opera c’è ben più di uno specifico progetto. Per questo migliaia di persone sono venute a sguazzare nella fanghiglia dei campi di Nantes. Ed è perché sentono che è tutto un modo di vivere a voler trivellare la montagna che migliaia di altri sono venuti in val di Susa. La cosa più notevole è che, opponendosi a un mondo, ne stanno creando un altro. Questa è la seconda ragione che attira persone in questi luoghi, ragione tanto più forte e nuova perché rompe con l’irragionevolezza fondamentale dell’epoca.
Un giornalista alla ricerca di un portavoce nel mezzo di centinaia di capanni oggi esistenti nella ZAD, lo/la troverà forse alla No-TAVerna, luogo di socialità annaffiata il cui nome è un chiaro omaggio alla Val di Susa. Ad ogni incontro, il/la portavoce dichiarerà di chiamarsi «Camille», e se il giornalista dovesse avere un livello di intelligenza da televisione francese, si appunterà seriamente quel nome, che in francese è unisex, senza accorgersi che tutti i portavoce interpellati dai media si chiamano sempre Camille. Questa pratica spontanea, che soddisfa il gusto del nome collettivo ben conosciuto da qualcuno dei miei amici italiani, è solo una delle molteplici manifestazioni di creatività degli abitanti della ZAD. Se ne possono elencare all’infinito.
I nomi dei luoghi: si va dal Phare Ouest (Faro Ovest, ma si pronuncia come «Far West») allo Chat Taigne («Gatto tignoso», ma anche «Castagna») passando per il «Black Bloc sanitaire» (il gabinetto).
Le forme dell’abitare: dalle case sugli alberi che rendono necessario l’intervento di squadre specializzate per sloggiare gli abitanti, alla bella dimora offerta dall’altopiano di Millevaches, fabbricata, trasportata e montata in una quindicina di giorni, passando per le case concepite da scuole di architettura e le barricate ormai abitate, spesso precedute o seguite da enormi fossati e da fortificazioni in costante miglioramento (c’è addirittura un progetto di ponte levatoio!).
Il ricorso alle icone popolari: anche nella ZAD, come in Val di Susa, si muovono i personaggi di Asterix, favorite dal nome in codice dell’operazione di polizia «Cesare».
Le periodiche cerimonie di magia nera per far impazzire gli sbirri.
Lo scambio di saperi: meccanico, agricolo, botanico, medico ecc…
Le canzoni, i film, le celebrazioni della «barricata come una delle belle arti»… Tutto questo esprime la concretezza di un altro modo di vivere insieme, basato sulla gratuità e la presa di decisioni senza gerarchie né rituali assemblearistici congelati e raggelanti.
Come hanno mostrato anche i Wu Ming nel loro reportage Folletti, streghe, santi e druidi in Val Clarea, l’immaginario della valle piemontese è tanto fertile quanto quello del boschetto normanno: détournement e creazione di miti («Giacuuuu!»); rivitalizzazione – da parte degli amici della rivista Nunatak – del ricordo delle repubbliche partigiane; invenzione di assemblee mobili che combinano il piacere della marcia con la difficoltà per i poliziotti di registrare le decisioni; sviluppo e affinamento di tattiche intelligenti per gli assalti al cantiere/fortino; sviluppo, come a Notre-Dame des Landes, di una conoscenza popolare sulle questioni ambientali ed economiche nettamente superiore a quella degli esperti asserviti.
Nella valle si può incontrare una realtà che tanto manca a questa post-sinistra, Bersani e Hollande e Amendola e Valls, a questo personale politico senza più un’ideologia nemmeno socialdemocratica, che non finirà mai di collassare intellettualmente, umanamente e anche – ben gli sta! – elettoralmente. Là si trova in tutta la sua concretezza e carnalità ciò di cui i piccoli politici hanno perso persino il ricordo: un popolo.
Quando la più normale delle famiglie – lei vigile urbano, lui dipendente comunale in pensione, due figli, uno alle superiori e l’altro all’università – si riunisce per mostrarti, divertendosi molto, video di scontri con la polizia; quando i commercianti di Bussoleno lanciano lo «shampoo di solidarietà» per sostenere un loro collega arrestato; quando gli sforzi congiunti dei procuratori e dei loro assistenti mediatici non riescono mai a incrinare l’alleanza tra le donne che pregano Padre Pio e i ragazzi dei centri sociali, accade un evento come è accaduto nei bei giorni di Piazza Tahrir, quando l’isolamento della rivoluzione non minacciava ancora di deteriorarla e i cristiani vegliavano in piedi per proteggere i loro fratelli musulmani in preghiera.
Accade quel che è accaduto quando i trattori dei contadini della regione di Nantes e non solo sono venuti a incatenarsi per difendere il Gatto Tignoso, manifestando chiaramente che i presunti black bloc, gli hippie e loro stessi erano una sola e identica cosa, One Big Union, il «sindacato» di coloro ai quali non è stato fatto un torto particolare, ma un torto universale. Vincendo contro Vinci (aeroporto di Nantes e autostrada di Mosca), contro le cooperative (Si-Tav e pro-Ikea), contro la partnership pubblico-privato (socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti), contro l’euforia dell’alta finanza, il suo discorso di crisi e la sua ansimante trinità Sviluppo-Lavoro-Progresso, vincendo contro tutto questo il popolo, la moltitudine o come si vorrà chiamare quest’eterogenea soggettività collettiva, diversa eppure unita, conquisterà per tutti noi un po’ d’aria, di spazio, di tregua, per trovare il coraggio, l’immaginazione e il tempo necessario ad affrontare nelle condizioni meno sfavorevoli la catastrofe a venire.
- [Traduzione di Massimo Vaggi e Wu Ming 1]

domenica 16 giugno 2013

da Filippo Sottile - contributo a Una Montagna di libri contro il Tav vol. 2


Una storia del nostro paese

- Ma tu di dove sei? 
- Di Pocopiussù. 
- Mi racconti una storia del tuo paese? 
- Va bene. C'era una volta un re... 
- Anche voi avete le storie con i re? 
- Sì. 
- No aspetta, raccontane un'altra. 
- Va bene. C'era una volta un pezzo di legno... 
- Anche noi abbiamo una storia che comincia così, narra di un falegname che scolpisce un burattino di legno al quale ogni volta che dice una bugia gli si allunga il naso. 
- Curioso. Noi abbiamo una storia al cui protagonista ogni volta che dice una bugia gli si riempie il baule di oro e zecchini.
- E dice sempre bugie? 
- Sì, è un personaggio molto avido. 
- E come va a finire? 
- Non va a finire. Non ancora.
- Cosa vuol dire che non va finire? 
- Che questa storia non va a finire. Non ha il finale. 
- E perché? 
- Non c'è accordo. Non è facile sconfiggere Amilcare Furz. 
- E chi è Amilcare Furz? 
- È questo personaggio avidissimo, quello del baule che si riempie. 
- Ma il baule è magico? 
- No, sono le sue parole, le sue bugie, ad avere un grande potere. 
- Quindi è un mago, uno stregone. 
- Se vogliamo sì, però non solo. 
- Ho capito, è un ipnotista: blandisce le persone e le convince a dargli i loro averi. 
- Sì anche. Ma non finisce lì, per esempio: quando va a Campo dei Miracoli... 
- Ah, ma allora è come Pinocchio, anche lì c'è Campo dei Miracoli! 
- ... fa dare un sacco di randellate ai pocopiussuesi lì convenuti. 
- Ah no, sembra un'altra storia. Nella nostra c'è poi una scimmia che condanna Pinocchio perché è stato derubato. 
- Nella storia di Pocopiussù contro Amilcare Furz, invece, ci sono degli automi che condannano persone che non vogliono farsi derubare. 
- Deve essere una bella storia, mi piacerebbe ascoltarla tutta. 
- Una parte posso raccontartela io, ma certo me ne sfuggiranno dei pezzi, però posso indicarti compaesani che potrebbero integrare il racconto. Il problema grosso è il finale, non posso narrarlo. ­ 
- Perché? 
- Perché ancora non c'è.
- E quando ci sarà? 
- Non so, ma affinché ci sia potrebbe essere fondamentale il tuo aiuto.

Filippo Sottile giugno 2013


sabato 15 giugno 2013

UNA MONTAGNA DI LIBRI CONTRO IL TAV VOL. 2,

  ancora qualche aggiornamento con le foto di Stefano Careglio

la presentazione del "diario" di Fabrizio Salmoni Resa dei conti alla Maddalena con l'editore Luciano Celi

Filippo Sottile in uno dei suoi intermezzi musicali



Tano D'Amico a Casa Aschieri


durante la tavola rotonda a Casa Aschieri


Canti della tradizione anarchica e popolare con Marco Rovelli in Credenza

martedì 11 giugno 2013

UNA MONTAGNA DI LIBRI CONTRO IL TAV VOL. 2

BUSSOLENO CLAREA 7-8-9 GIUGNO 2013
GRAZIE DI CUORE A TUTTI !!!


Si è conclusa domenica 9 giugno la seconda edizione.
Due giornate, nonostante la pioggia quasi continua, dense di incontri, dibattiti, presentazioni di libri, teatro e musica.





I banchetti degli editori, sabato mattina a Bussoleno, quando ancora le nuvole non sembravano così minacciose.... 














Calabria e Piemonte: le montagne e per il territorio, i disastri ambientali dei poteri forti. La Calabria fa scuola (purtroppo) e il Piemonte segue a ruota... come difendersi.
Dibattito con Gioacchino Criaco, Claudio Dionesalvi, Pino Tripodi


Tano D'Amico a Casa Aschieri parla a 360° (dalla Tempesta di Giorgione ai Rom) e presenta il suo progetto Immagini Storia Memoria













Incontro con gli autori a Casa Aschieri, qualcuno per la prima volta in Valle, altri "vecchi amici". Si discute di ambiente, Tav, letteratura, linguaggi e "comunità".








Domenica in Clarea, l'acqua non ci scoraggia....
Momenti di lettura al Campo della Memoria

Claudio Calia parla di Dossier Tav
Girolamo Di Michele legge
una poesia di Stefano Tassinari





Serge Quadruppani sostiene su Rivista Letteraria che
"da #OccupyGezi a #NoTav non esistono lotte locali"
link a: Non esistono lotte locali
Juri di Molfetta e i suoi amici leggono da
"Oggi tocca a me. Una guerra per bande"



Piacevole e intelligente (come sempre) intervento teatrale di ArTeMuDa con Orso e Pancrazio


e comunque, tutti sempre vigili e attenti
continua l'aggiornamento.....


venerdì 7 giugno 2013

UNA MONTAGNA DI LIBRI CONTRO IL TAV VOL. 2 - Sabato 8 giugno - Bussoleno - Centro Storico dalle h. 10 fino a notte

Domani vi aspettiamo in via Walter Fontan e dintorni per parole e musica in libertà, con ArTeMuDa, Filippo Sottile, i banchetti degli editori e gli autori.

A Casa Aschieri (dentro e fuori) le foto di Iskra Coronelli e alle 16.00 Tano D'Amico per la presentazione del suo progetto Immagini Storia Movimenti.

Durante la giornata:

Le montagne e la resistenza, dalla Calabria al Piemonte, con Gioacchino Criaco e Claudio Dionesalvi
Fabrizio Salmoni con il suo Diario sulla Maddalena
Marco Rovelli che chiuderà anche alle 21.00 con il suo spettacolo
Patricia Dao, Girolamo Di Michele, Sergio Bianchi, Luciano Celi, che incontriamo di nuovo con grande piacere e amicizia, Cecco Bellosi, Claudio Calia, Alessio Fabrizi, Pino Tripodi, e ovviamente Serge Quadruppani.

UNA MONTAGNA DI LIBRI CONTRO IL TAV VOL. 2 - Venerdì 7 giugno Casa Aschieri

Pubblico numeroso e interessato, bella "atmosfera", per l'inaugurazione della seconda edizione di "Una Montagna di libri contro il Tav"




In apertura Renato di ArTeMuDa legge la lettera che Davide Grasso ci ha fatto avere per l'occasione, e la legge con la schiena rivolta alla platea.
Una voce da lontano...







Lettera a Una montagna di libri contro il Tav
Care amiche e amici della Val Susa,
vi ringrazio per aver aggiunto i miei racconti su New York alla montagna di libri contro il Tav, che vede in questi giorni la sua seconda edizione: è un gesto che mi ha fatto davvero piacere. L’altro giorno una mia amica, ridendo di gusto, mi ha detto: “La cosa che mi diverte di più è che tu adesso sia diventato, all’improvviso, uno ‘scrittore’…”. In effetti il primo istinto che ho avuto, quando ho visto che sui giornali mi chiamavano così, è stato quello di diffidarli pubblicamente dal rivolgermi quell’appellativo. Essere definito “scrittore” mi dà come la sensazione di avere una pistola puntata alla tempia, accompagnata da una voce che dice: “Tu ora sei uno scrittore, quindi vedi di comportarti di conseguenza…”. E, ciò che è peggio, non so esattamente quale sarebbe il comportamento conseguente. Forse assumere un certo atteggiamento, darmi un tono, fare l’intelligente, approfittare di ogni occasione per dire, magari, che la cosa più importante nella vita è il dialogo. Non so: quel che è certo, è che il potere sa bene come irreggimentare e depotenziare le nostre capacità creative, affidandoci inutili etichette, nel momento stesso in cui riesce a estrarre da noi un valore; e si badi che, proprio come il valore, questa strana irreggimentazione appare inesistente o innocua perché è impalpabile.
La presenza del movimento alla presentazione del mio libro al Salone, in ogni caso, mi ha salvato ben presto da ogni preoccupazione, mettendomi subito a mio agio: appena qualcuno di voi ha preso la parola, i giornalisti hanno tirato una croce, sui loro taccuini, sopra la parola “scrittore”, e l’hanno sostituita con “terroristi”. Questa definizione è molto più appropriata perché, a ben vedere, la partecipazione di alcuni di voi alla fiera del libro ha costituito un piccolo episodio di terrorismo letterario; non a caso i funzionari dello stand, i loro superiori, e l’editore stesso, hanno mostrato di essere terribilmente angosciati dal fatto che si menzionasse “qualcosa che non c’entrava” con il libro, ossia – lupus in fabula – il suo autore. E dire che ero diventato uno scrittore, una persona rispettabile, un tizio importante! Se fossi stato assente per un’influenza, o se mi fossi presentato a piede libero, magari dicendo che tutto ciò che può salvare il mondo è il dialogo (insisto perché da quando sono nato sento gli scrittori ripetere sempre e soltanto questa frase) tutto sarebbe andato per il meglio; invece, dato che ero costretto a far mia una presenza per così dire fantasmatica, occorreva tirar dritto e far finta di niente, a costo di sembrare comparse di un qualche vecchio film di Bunuel.
La vostra presenza ha costituito un attentato contro un certo muro di ipocrisia e imbarazzo pusillanime tipico del mondo culturale, e ve ne ringrazio. C’è, tuttavia, una lezione che possiamo trarre da questa vicenda. In primo luogo – ma lo sapevamo già – il movimento è incredibilmente in grado di infilarsi ovunque, di affermare in mille direzioni che “finché li cerchiamo noi, i latitanti sono loro”, e che quando diciamo “sarà il vostro Vietnam” riusciamo a immaginarci – non certo al primo posto, sia chiaro – persino una giungla fatta di pile di libri e montagne di parole (parole come dialogo, legalità, cultura, democrazia, ecc.). In secondo luogo la conseguenza è che, se per vostra disgrazia dovessi scrivere ancora qualcosa, sarò costretto a chiedere di nuovo il vostro intervento, affinché non sia possibile declassarmi a scrittore dopo che ci ho messo anni a guadagnarmi il ben più invidiabile status di delinquente comunista. E uno “scrittore” (questo è il trucco!) può ben essere comunista o quel che crede, ma non “delinquente”: non può rivendicare autonomia dalla produzione letteraria in ultima analisi dirimente, quella del codice penale, dei divieti, delle sentenze.
Eppure la scrittura esercita un ruolo, da sempre, di eccezionale sprone all’azione, soprattutto a quella che infrange le norme già scritte della vita. In questo senso lo scombussolamento di un evento letterario invera, anziché negare, la forza vivente dell’opera che sembra offuscare; e non a caso non c’è grande movimento sociale che non si accompagni alla produzione e diffusione di scritture in molteplici forme. Le montagne di libri contro il Tav permettono a tutti noi di essere informati, di avere consapevolezza, e lo stesso ruolo hanno i mille piccoli giornali, comunicati, volantini, e i tanti testi che pubblichiamo sul web; e la lettura aiuta anche chi, tra noi, attraversa momenti difficili. Le compagne e i compagni che sono stati in carcere, ai domiciliari, all’ospedale hanno letto e talvolta scritto, e le loro lettere sono tra le cose più belle che abbiamo avuto sotto gli occhi in questi ultimi anni. Io stesso, che pure non devo sopportare ferite o restrizioni, approfitto di ogni rimasuglio di tempo per leggere, e mi rendo conto che leggo molto di più in questo periodo. Se un giorno i miei racconti si aggiungeranno alle letture che accompagneranno i vostri momenti di lotta, o allevieranno le traversie di chi tra noi pagherà ancora il prezzo della sua coerenza, mi considererò – allora sì – un privilegiato nel regno delle lettere; e questo, in qualche modo fatalmente, senza essere mai diventato ciò che essi definiscono uno “scrittore”.
Un saluto a tutt*!
Davide

Clément Méric
Prima di presentare il suo libro, Serge Quadruppani, che è anche l'ideatore di questa manifestazione, ha voluto ricordare e dedicare la serata a Clément Méric, lo studente di scienze politiche noto per il suo impegno antifascista, morto ieri a Parigi in seguito ad una aggressione di due giorni fa da parte di alcuni skinheads, militanti del gruppo di estrema destra Gioventù nazionalista rivoluzionaria (Jnr). Oggi a Parigi una grande manifestazione in ricordo di Clément.



Paola Meinardi e Serge Quadruppani

La presentazione di "Saturno" di Serge Quadruppani con Paola Meinardi è poi stata l'occasione per chiacchierare un po' di tutto: scrittura, letteratura, politica, lingue e linguaggi, media, uomini e donne.                                  

Il libro, l'ultima indagine della commissaria Simona Tavianello, già incontrata ne "La rivoluzione delle api", in cui la storia ha inizio alle terme di Saturnia e si svolge poi fra Italia e Francia, è un romanzo sull'Italia di oggi, sui suoi mostri e sui suoi fantasmi.
Non si è svelato molto della trama, il noir va letto senza sapere troppo, per conservarne tutta la tensione.


 “Quadruppani scrive romanzi che avvincono, sì, ma anche inquietano e disturbano. Scorge con chiarezza dove si acquatta il nemico e non ha remore ha denunciarlo“  (Valerio Evangelisti)

martedì 4 giugno 2013

UNA MONTAGNA DI LIBRI CONTRO IL TAV VOL. 2 - TANO D'AMICO

BUSSOLENO - CASA ASCHIERIS SABATO 8 GIUGNO h. 15.00
PRESENTAZIONE DEL PROGETTO "IMMAGINI STORIA MOVIMENTI"
L'importanza delle "belle foto" nel ricordo collettivo dei movimenti e nella storia.

Tano D’Amico fotografo impegnato nella documentazione delle diverse realtà sociali presenti nel nostro paese, riprese ed evidenziate in momenti topici come gli anni ’68 e ‘77, le lotte operaie, la lotta per la casa, il movimento femminista o le vicissitudini del popolo palestinese. 
Riesce da oltre trent’anni a fissare, attraverso l’obiettivo della sua macchina, immagini in grado di raccontare i movimenti. Al pari della storia orale, a cui va il merito di ridare umanità alle fredde pagine dei manuali che fanno un elenco di date e battaglie, la fotografia interpretata da Tano D’Amico riesce a fermare sulla pellicola le persone che vivono i movimenti, i loro volti nei momenti drammatici, ma ancor più in quelli gioiosi. Il pregio della foto è quello di non ingannare, mai: attraverso essa pochi metri quadri di storia sopravvivono agli anni senza l’ingannevole filtro dei ripensamenti e delle ritrattazioni postume.


Tano D’Amico, con il suo coerente percorso di fotografo, accanto alle immagini degli avvenimenti di cui e’ stato testimone, ci offre delle riflessioni non solo sull’evento riportato, ma anche sull’uso che è stato fatto di queste fotografie a livello mediatico e non, dimostrando quindi di essere un testimone non neutro ma bensì partecipe ai fatti. 

Il fotografo non è un freddo osservatore degli avvenimenti, ma colui che riporta in immagini una realtà vissuta in prima persona che sente il bisogno di documentare. 

Tano D’Amico, inoltre, sollecita anche il lettore e scrive: “Amo la fotografia che richiede la partecipazione dello spettatore. Ne ha bisogno. Quella che chiama lo spettatore a dare giudizi sulla realtà che sta vivendo. Che chiama lo spettatore a un ruolo attivo di essere umano”. 

Le riflessioni e i temi di cui Tano ci parlerà, e la sua esperienza saranno di sicuro interesse per gli appassionati di fotografia e di movimento. 
Invitiamo tutti a partecipare. 



UNA MONTAGNA DI LIBRI CONTRO IL TAV VOL. 2

BUSSOLENO-CLAREA  7-8-9 GIUGNO


 Racconti dei movimenti e i movimenti che si raccontano.
Riflessioni sulla narrazione per mezzo di parole e immagini. 



Durante questa seconda edizione saranno protagonisti i momenti di lettura e recitazione di pagine degli autori che interverranno o che ci invieranno i loro contributi. 

I piccoli editori parteciperanno con i loro volumi alla Fiera  dell'Editoria Indipendente. 

Ci sarà una mostra fotografica sulla lotta in Valle, "Resistenza NO TAV" di Iskra Coronelli (http://iskracoronelli.altervista.org/?p=56).

Intendiamo approfondire, durante tutto l’evento e in particolare con l’iniziativa di Tano D’Amico e la tavola rotonda, il discorso già iniziato nella passata edizione, su come il racconto (scritto, orale, per immagini) può alimentarsi da - ma anche alimentare - i movimenti, i fatti, la storia. 
Pertanto invitiamo tutti a Bussoleno per discutere, leggere, “nutrirci” e divertirci insieme. 

Di seguito, come "assaggio", lo scritto che ci ha mandato Valerio Evangelisti per l'iniziativa, altri inediti verranno letti durante la tre giorni. Purtroppo alcun* scrittori/scrittrici No TAV non potranno essere con noi fisicamente in Valle a causa dei procedimenti giudiziari messi in atto dalla repressione statale contro il movimento No TAV, a loro ribadiamo la nostra solidarietà e vicinanza e condivideremo tutt* anche i loro contributi  durante l'iniziativa. Non mancate!!

Quando ho visto a confronto le foto della Val Clarea, com’era due anni fa e com’è oggi, mi sono venute le lacrime agli occhi. Una devastazione scandalosa, un vero e proprio stupro, commesso in nome di niente. Di lì non passerà mai nessun treno ad alta velocità, costerebbe più di quel che rende. Qual è allora il motivo di tanto accanimento contro una popolazione tra le più pacifiche e operose al mondo, che ha il torto di amare la propria terra? Un’astratta idea modernista? Un fumoso calcolo di creazione di posti di lavoro attraverso la distruzione di beni naturali?
No, è una concezione autoritaria del potere, in sintonia con un’Europa in cui ormai scarseggiano gli organi elettivi e le possibilità di controllo dal basso. Nessuno deve ribellarsi a questo nuovo ordinamento. L’economia deve reggere ogni aspetto della vita, e chi la governa va sottratto al giudizio popolare. Ciò vale anche quando le prospettive di profitto sono scarse o nulle. Non è quello l’importante. L’importante è l’obbedienza supina, il “credo quia absurdum” capace di sovrapporsi all’evidenza. E’ la docilità il valore supremo.
Di conseguenza, guai a chi disobbedisce. La resistenza della Valle di Susa va piegata costi quel che costi, perché potrebbe rappresentare un pessimo esempio e incrinare la tenuta del sistema. Ed ecco una repressione feroce, con pene smisurate per punire reati di portata modesta, ammesso che siano tali. Ciò in un paese in cui i crimini commessi da chi appartiene alle cerchie del potere restano il più delle volte impuniti, o sanzionati in maniera ridicola, o lasciati prescrivere con mille pretesti. Con gli autori dei delitti spesso onorati con cariche elargite da governi che nessuno ha eletto. Il delitto più grave – cementificare, distruggere, trasformare il bello in brutto – non va nemmeno nominato. I colpevoli hanno ragione per definizione, gli oppositori vanno trattati da criminali incalliti.
Sarebbe ora il caso di parlare dei complici di questo stato di cose. Mi limiterò a raccontare un aneddoto, riferito al 1884. A Ravenna nascevano le cooperative che sono alle origini di quella impegnata a violentare le terre altrui. Il municipio ravennate indisse un appalto per l’abbattimento di un pineto che circondava la città. Era un’occasione ghiotta per l’Associazione Operai Braccianti, che radunava i lavoratori più poveri di tutti, miserabili, disoccupati. Fu indetta un’assemblea con migliaia di partecipanti. Ebbene, i braccianti decisero compatti di rifiutare quell’appalto. Meglio la fame che rendersi complici dello sconcio del territorio.
Quella era dignità, quella era nobiltà. Dove stanno ora? Non nelle stesse mani, purtroppo. Stanno in quelle dei valsusini che contrastano la più ignobile delle prepotenze. Ed è una lotta che ci riguarda tutti. Se vincono loro, perde l’oligarchia. Se fossero sconfitti, sarebbe il crollo di un bastione contro l’autoritarismo.
Difendiamolo, quel bastione. Sono in gioco la libertà, l’onore, la civiltà."
Valerio Evangelisti