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domenica 18 ottobre 2015

Girolamo De Michele su Erri De Luca


La grammatica del dominio e la parola sabotaggio

La grammatica del dominio e la parola sabotaggio
di GIROLAMO DE MICHELE.
«Testimone di una volontà di censura della parola»: così Erri De Luca ha definito se stesso. Non può esserci migliore descrizione di quello che accade non a Erri De Luca, ma attraverso Erri De Luca – se non nelle parole dell’avvocato A.M., che difende la ditta promotrice della causa contro lo scrittore: «chiediamo che la sentenza emani in messaggio, che redarguisca giuridicamente e processualmente». Dunque si chiede che la parola di uno scrittore sia sanzionata in modo esemplare, affinché altri imparino e si regolino di conseguenza: l’inutile ridondanza degli avverbi in -mente risuona come il ribattere del martello sulla testa del chiodo piantato nel legno.
Il capo d’imputazione per aver constatato, rispondendo a una domanda, che gli attrezzi sequestrati ad alcuni compagni «servono a sabotare la TAV» non è “apologia”, ma “istigazione”: la differenza che passa fra un “hanno fatto bene” e un “andate e fate”. Si noti che il reato di istigazione a delinquere «riguarda, o dovrebbe riguardare, solo i comportamenti concretamente idonei a provocare la commissione di altri reati, ferma però la libertà di manifestazione del pensiero garantita dalla Costituzione»: così Giovanni Palombarini [qui], ex Procuratore Generale Aggiunto presso la Corte di Cassazione, che di certo non manca di esperienza e cognizione di causa.
va_di_susa_filo_spinatoChiunque si sia occupato, anche solo per sostenere un esame universitario, di diritto, sa che il diritto è intrecciato con la logica e la retorica, e che questo viluppo non si scioglie: non bastasse il buon senso, si potrebbe citare l’autorità di Norberto Bobbio. La logica (modale) ci insegna a distinguere fra la possibilità e la necessità: e ci ammonisce che chiunque istituisca una connessione fra il presente e il futuro, a meno che non stia enunciando una legge scientifica – ogni corpo immerso in un liquido riceve(rà) una spinta dal basso all’alto ecc. – va a collocarsi nel campo del possibile. Perché l’enunciato possibile assuma valore di necessità, si richiede che l’evento ipotizzato si sia realizzato, e sia empiricamente rilevabile il suo essere avvenuto; altrimenti, che si parli della possibilità che esista un dio, o della possibile presenza di alcuni talleri nelle mie tasche, nessuna formulazione di questa possibilità può dimostrare la necessaria esistenza né del dio, né dei talleri: ce lo insegnò Kant, criticando ex post Anselmo d’Aosta, ma anche, ante litteram, la finanziarizzazione dell’economia. Dunque si richiede che sia avvenuto un sabotaggio, e che sia dimostrata la relazione ci causa-effetto fra il fatto avvenuto e la parola “sabotaggio” pronunciata dallo scrittore.
In aggiunta: perché la parola possa produrre effetti, ovvero slittare dall’enunciativo – “oggi piove” – o dal constatativo – “piove più spesso, negli ultimi tempi” – al performativo, non è sufficiente l’analisi della parola proferita: è richiesto un contesto, e all’interno del contesto un ruolo dell’attore che pronuncia la parola, fra loro coerenti. Tutti i cittadini hanno libertà di parola (si dice): ma non tutti hanno il potere di far si che le parole “vi dichiaro marito e moglie” producano un effetto nel mondo, e nei due soggetti ai quali la parola è indirizzata. D’altro canto, lo stesso sindaco o sacerdote devono usare parole precise e univoche: “d’ora in poi fate coppia” non sarebbe accettabile come formula che sancisce l’evento del matrimonio.
Dunque: senso preciso delle parole, ruolo dell’enunciatore, relazione fra la parola e l’evento.
La parola “sabotare” ha più di un senso; poiché il Vocabolario Treccani è stato citato in processo e nell’autodifesa di Erri De Luca [La parola contraria, 2015], apriamolo e leggiamo:
1. distruggere o deteriorare gravemente edifici e impianti, opere e servizî militari, intralciare gli spostamenti e i rifornimenti di truppe nemiche, impedire o limitare il funzionamento di servizî pubblici, come azione di lotta o di rappresaglia economica, politica o militare
2. intralciare la realizzazione di qualche cosa, o fare in modo che un disegno, un progetto altrui non abbia successo.
«Rivendico il diritto di adoperare il verbo sabotare coma pare e piace alla lingua italiana, Il suo impiego non è ristretto al significato di danneggiamento materiale, come pretendono i pubblici ministeri. Per esempio: uno sciopero, specialmente a gatto selvaggio, senza preavviso, sabota la produzione di un impianto, di un servizio. [...] L’accusa contro di me sabota il mio diritto costituzionale di parola contraria. [...] I pubblici ministeri esigono che il verbo sabotare abbia un solo significato. In nome della lingua italiana e del buonsenso nego il restringimento di significato». Così De Luca: che rivendica, con spirito meridionale, l’esercizio del diritto di malaugurio: «che la linea Tav in Val di Susa possa essere sabotata, che possa non sbucare dall’altra parte e da nessuna parte. Che un governo di normali capacità di intendere e volere la lasci incompiuta. Che possa essere dichiarata disastro ambientale».
Quello che i PM – e con loro l’avvocato di parte civile – pretendono, non è la condanna di una parola contraria, ma, attraverso tale condanna, il potere di interpretare – di ritagliare, decontestualizzare, risemiotizzare – le parole avverse, ostili, o anche solo sgradite. E anche, il potere di suggerire quali parole, quali figure retoriche, quali citazioni usare, e quali no: «Qualora non avesse voluto commettere questo reato avrebbe potuto citare gli esempi biblici che ha citato in seguito, come le mura di Gerico che crollano solo per le voci e le trombe» [qui]. Una vera e propria grammatica del dominio, all’interno della koiné del Partito della Nazione e delle Grandi Opere Inutili, che emargina le voci di opposizione e riveste quelle consenzienti di panni curiali.
Chi è che dice “sabotare”? Uno scrittore. Si badi bene: il reato di istigazione esiste non perché qualcuno ha detto “sabotare”, ma per il fatto che a dirlo è uno scrittore noto, conosciuto al pubblico, che si presume venda una certa quantità di libri. Lo hanno chiarito per ben due volte i PM: «La libera manifestazione del pensiero di fronte a una manifestazione che ha contenuto intrinseco di illiceità, com’è l’istigare, non può trovare tutela. Quelle parole non sono parole pronunciate da uno qualunque. Quando il signor De Luca parla, le sue parole hanno un peso determinante». Così il PM Rinaudo, nella requisitoria del 21 settembre. Ma in precedenza, all’uscita dall’udienza preliminare del 5 giugno 2014: «Al barbiere di Bussoleno possiamo perdonare se dice di tagliare le reti, a un poeta, a un intellettuale come lui, no» [qui].
Quanti clienti avrà il barbiere di Bussoleno? Non è dato saperlo, ma si può presumere meno dei lettori di Erri De Luca. E soprattutto: chi mai sarebbe così sciocco, suggeriscono i PM, da prestar fede a ciò che dice un “vile meccanico” aduso a lavorare con le mani e non col bene dell’intelletto?
Negli anni Settanta, per costruire l’impianto inquisitorio contro Toni Negri e gli altri compagni del 7 aprile, il giudice Calogero dovette, a sostegno del suo teorema – o “calogerema”, come argutamente disse il filosofo Enzo Melandri – figurarsi l’esistenza di una Organizzazione senza nome, la “misteriosa O.”, che sosteneva sovraordinasse autonomia e Brigate Rosse, e figurarsi al suo vertice Toni Negri: dovette, insomma, narrare un’Histoire d’O., collegare a questa narrazione sparsi reati suggeriti da zelanti pentiti, e distribuire ruoli da protagonista principale, secondari e deuteragonisti vari. E ben prima che questo calogerema crollasse miseramente, apparve e ci apparve un obbrobrio giuridico, prima ancora che logico: ma almeno si fantasticavano relazioni causali verificabili (che infatti furono verificate).
Ancora negli anni Settanta, ci apparve un’enormità inquisitoria la persecuzione dello scrittore e militante rivoluzionario Peter Brückner, per essere stato un suo libro ritrovato in possesso di Ulrike Meinhof: ma almeno c’era un libro che mancava da uno scaffale, ed era in un altro.
Oggi ai PM e alla parte civile non serve né una relazione di causa-effetto, né un indizio. De Luca ha detto “sabotate”, la parola “sabotare” è stata rinvenuta in documenti successivi all’intervista incriminata, sabotaggi sono avvenuti: dunque De Luca ha istigato al sabotaggio. Si badi: non viene esibito un documento nel quale è scritto qualcosa del tipo “come afferma De Luca, la Tav va sabotata”, o “De Luca ce l’ha insegnato”: basta la parola, come diceva un noto venditore di purganti. La parola “sabotare” è un bene proprietario esclusivo di Erri De Luca, ne porta lo stimma, è indice certo di relazione, come lo sarebbe un’impronta digitale o un frammento di DNA? In tutta evidenza, i PM si arrogano, attraverso la condanna a Erri De Luca, il potere di stabilire la proprietà delle parole e il modo in cui esse si propagano, senza bisogno di collegarle a fatti concreti, senza distinguere, per dire, fra parola ed enunciato: una concezione davvero povera dei rapporti fra cose e parole, sia detto per inciso ma non per caso – ma che te lo dico a fare?
val_di_susa_castagnetoDopo l’intervista si sono prodotti episodi… e prima? Post hoc, propter hoc: dopo l’invenzione del fazzoletto, si è cominciato a soffiarsi il naso con esso – prima, non ce lo si soffiava?
Nella primavera 2013 si sono tenute a Bussoleno due grandi e pubbliche assemblee popolari – i cui video, pubblicati dagli stessi No Tav, possono essere consultati qui e qui –, nel corso delle quali la parola “sabotaggio” è stata pronunciata, declinata e interpretata con molta precisione, esplicitando i riferimenti a Gandhi, Nelson Mandela e Aldo Capitini: «il sabotaggio è assalto al funzionamento di un servizio, di un’industria, di un’impresa pubblica o privata, con danno o distruzione, e quindi oltre il limite della legalità. È essa una tecnica della non violenza? È stato risposto che essa lo è solo quando non vi è nessun rischio per l’esistenza di esseri viventi, particolarmente umani. È una delle misure di carattere estremo, quando il danno che viene apportato è superato dal danno che il funzionamento di quel servizio apporta». All’indomani di quelle assemblee fu attuata un’iniziativa di protesta consistente in alcune scritte fatte con le bombolette spray: un’iniziativa che «dà immediatamente seguito al dibattito sul sabotaggio del cantiere e delle ditte coinvolte in questa devastazione. Sabotare e boicottare queste ditte è giusto ed è legittimo», si legge nel comunicato emesso dal campeggio No Tav di Venaus. La parola “sabotaggio”, e anche la sua declinazione, era già presente nelle prese di parola della comunità di Bussoleno: non c’era bisogno di andarla a leggere sull’”Huffington Post” tre mesi dopo.
Chi voglia recarsi a Bussoleno, anche senza frequentare la bottega del barbiere, provi a entrare dal tabaccaio piuttosto che prendere un caffè al bar: e si sentirà osservato, non dallo sguardo fascistoide e truffaldino del solito padre Pio, come accade in mezza Italia, ma da quello di partigiani e partigiane armate, le cui foto decorano e abbelliscono gli ambienti: quella di Bussoleno e della Valle non è certo gente che ha bisogno di farsi dire da altri cos’è giusto fare, e cosa no. E quali relazioni si istituiscono fra la coscienza dell’ingiustizia, e i comportamenti conseguenti.
Ad esempio: cancellare con una spianata di cemento il più antico cimitero merovingio delle Alpi Occidentali, perché alle truppe d’occupazione faceva comodo un parcheggio per i blindati, non è sabotaggio al patrimonio culturale? Ad esempio: portare e abbandonare nei boschi i rocchi di filo spinato dalle farfallette d’acciaio affilate come rasoi usato per la recinzione degli accampamenti dei gendarmi, rendendo i boschi a rischio per i bambini e facendo strage della fauna, o radere al suolo un castagneto di 300 anni davanti all’insediamento delle truppe d’occupazione non è sabotaggio dell’ambiente? Non sono, questi comportamenti, istigazione a una reazione uguale e contraria in difesa del territorio e dei suoi beni?
«Ormai da qualche tempo si ha la sensazione di una complessiva forzatura dell’azione penale quando si leggono le imputazioni ascritte ad alcuni intellettuali o che l’autorità giudiziaria torinese formula nei confronti di giovani e meno giovani protagonisti delle lotte contro la costruzione della linea ferroviaria. Quasi che l’autorità giudiziaria torinese si considerasse investita non solo e non tanto del compito di reprimere i fatti penalmente illeciti, ma anche, immediatamente, della tutela dell’ordine pubblico, così contribuendo, a fianco di tutta una serie di poteri forti interessati alla realizzazione dell’opera, a che i lavori si svolgano rapidamente» – così ancora l’ex procuratore Palombarini. Le parole, le cose e gli enunciati della pubblica accusa al processo De Luca non fanno che rafforzare questo ponderato giudizio sul divenire-gendarme della procura torinese, e aggiungere ombra su ombra al ruolo che gli operatori degli apparati giudiziari si arrogano.
Così come aggiunge ombra su ombra la pavidità di buona parte del ceto intellettuale italiano, incerto fra l’ignavia e una pelosissima solidarietà cui si premettono giudizi negativi su De Luca scrittore dannunziano o sessantottino o quant’altro: meglio occuparsi di altro, o lasciarsi aperta la porta di una mezza ritrattazione attraverso la figura retorica che “ma anche no”, per quei moderatori della propria moderazione che hanno il problema di avere meno piedi della quantità di scarpe che sarebbe d’uopo calzare per non mancare ad alcuno dei salotti letterari che contano. Del resto, quando nel 2013 per la prima volta a Bussoleno fu organizzata un’iniziativa di scrittori in sostegno della Valle – Una montagna di libri –, risuonò forte e chiaro il monito dell’allora premier Monti, per il quale «silenzio del fronte intellettuale favorevole alle grandi opere si può capire visto che la questione crea un forte imbarazzo nella sinistra, come si può anche vedere da chi ci mette la faccia e da chi invece sceglie altre strade o la via dell’ambiguità». Il silenzio attuale spiega quello pregresso: l’ammuina davanti a questioni di poco rilievo come il diritto alla presa di parola contraria e il dovere della militanza intellettuale in direzione ostinata e contraria; ma anche, l’impegno forte e chiaro, senza e e senza ma, nelle discussioni sulla vera identità di Elena Ferrante, sul premio Strega bene comune e sul perché anche quest’anno porcazzozza il Nobel per la letteratura è andato alla persona sbagliata.
val_di_susa_necropoli_merovingiaSia consentito concludere con un aneddoto personale. Quando scrissi il romanzo Scirocco, narrai l’uccisione di un personaggio che (è detto nella nota finale) era ispirato a Yves Guérin-Sérac, figura di spicco dell’eversione neofascista europea. E scrissi con chiarezza che la morte del personaggio era «un auspicio»: così facendo, esercitavo il mio diritto al malaugurio. L’editore preferì sottoporre il manoscritto a un legale, per il timore che il romanzo potesse essere oggetto di querele. L’avvocato mi consigliò di cancellare un paio di parole – una in particolare: dalla frase di Stephen King «in un mondo in cui ci sono Michael Jackson e quello stronzo di Axel Roses, tutto è possibile», di togliere la parola “stronzo”, perché la vicinanza di questa frase col nome di un giornalista italiano noto per la sua suscettibilità avrebbe potuto portare il tale a sentirsi chiamato in causa (non mi fu chiaro se la querela avrebbe riguardato solo me, o anche il Re: fossi stato certo della seconda ipotesi, avrei lasciato la parola solo per poter sedere allo stesso banco degli accusati con lui). L’uccisione del figuro fascista, invece, non era un problema.
Quell’avvocato che mi ha garantito nell’esercizio del mio diritto di malaugurio (e che ho ringraziato per la consulenza legale) è lo stesso A.M. che oggi, patrocinando la ditta italo-francese, chiede «che la sentenza emani in messaggio, che redarguisca giuridicamente e processualmente». Il confine fra il diritto di parola contraria e l’incriminazione e condanna concerne forse (ipotizzo) la differenza delle parcelle che il cliente è in grado di pagare?
La giustizia non si può comprare!, dice il borgomastro in La visita della vecchia signora di Dürrenmat: tutto si può comprare, risponde Claire, la vecchia signora – e così sarà.
Nel dramma teatrale: ma forse anche Dürrenmat è un istigatore.
le foto che illustrano questo articolo sono state scattate dall’autore in Clarea: raffigurano (dall’alto in basso)  la scritta “ALLORA NAPALM” giustapposta da un gendarme a “La Maddalena sarà il vostro Vietnam”, il filo spinato gettato nel bosco, la distruzione del castagneto e la spianata che ha ricoperto il cimitero merovingio


domenica 28 giugno 2015

Maurizio Fratta su "l'altrapagina" giugno 2015 a proposito di Amianto


Amianto
Una montagna di libri contro il TAV
« A Steve McQueen è bastato qualche mese e non era un uomo normale.
Era uno de I magnifici sette , era L’ultimo buscadero . Era bello come un dio .
Eppure a metterlo ko sono bastati tre mesi accanto all’amianto , a contatto con le coibentazioni dei mercantili , quando era un giovane dannato e sbandato .Oppure sarà successo quando non aveva una lira in tasca. Forse sarà successo quando stava  pensando di scegliere se fare l’attore o il piastrellista.
O forse è stato quando ha indossato quella tuta bianco sporco, per evitare ustioni in caso d’incendio,
mentre sfrecciava su un bolide nel circuito delle 24 ore di Le Mans ».
Così incomincia il capitolo che Alberto Prunetti ha voluto inserire nell’ultima ristampa di Amianto Una storia operaia (Edizioni Alegre,2014 ) il libro da lui scritto e dedicato al padre Renato,un uomo normale , operaio tubista e saldatore , di origini livornesi , che dopo aver lavorato in acciaierie e raffinerie di mezza Italia,da Piombino a Casale Monferrato , da Terni fino all’Ilva di Taranto , morì per aver inalato una fibra d’amianto.
Ed stato proprio Alberto Prunetti a leggere quest’ultimo capitolo  nel corso della manifestazione
 Una montagna di libri contro il TAV , l’appuntamento culturale e politico indetto dal Movimento NO TAV  che quest’anno si è tenuto a Bologna presso il centro sociale Vag 61, con la collaborazione di Carmilla , la rivista di critica politica e letteraria fondata dallo scrittore Valerio Evangelisti.
Storie che affondano le loro radici nell’Italia  del « miracolo economico», periodo della nostra storia del secondo dopoguerra che viene ricordato sempre per lo straordinario incremento quantitativo della produzione di merci e quasi mai per i costi umani e per l’avvelenamento dell’ambiente dei quali, soltanto oggi, incominciamo a prendere piena consapevolezza nella loro devastante portata.
 Storie dalle quali riemerge il profilo nobile di una classe operaia , dei tanti  working class heroes  a lungo dimenticati , ma più che mai tornati d’attualità considerando il rapporto tra la crisi economica che infuria nel mondo e lo sfruttamento e l’oppressione dei lavoratori che sussistono a livello internazionale.
Un passato che « oggi si cerca di cancellare» come scrive nella prefazione al libro lo stesso Evangelisti « con ogni possibile sporco espediente, perché in quella condizione esistenziale ,prima che ancora che materiale, risiedeva l’antitesi prima allo sfruttamento ».
E l’amianto  ha fatto da filo conduttore anche nel confronto con la tragica realtà emersa con il caso dell’Eternit di Casale Monferrato, la città diventata simbolo di una morte ad orologeria. che prima ha visto morire i lavoratori della fabbrica e poi le migliaia di cittadini ammalatisi del mesotelioma  che non da scampo. Vittime che non hanno avuto giustizia ,come ha ricordato Luca dell’Associazione Voci della Memoria di Casale Monferrato , sottolineando come la sentenza dei giudici della Cassazione -che ha portato alla prescrizione  ed al colpo di spugna sulle responsabilità del magnate dell’amianto Stephan Schmidheneiny condannato in primo e secondo grado a 18 anni di reclusione-sia stata una scelta contro i lavoratori,abbandonati dall’intera classe politica in un paese dove la « fine del lavoro» è coincisa con la svalutazione morale e giuridica ,oltre che economica e politica, dei diritti conquistati nei decenni passati.
Nel dibattito che ne è seguito , importanti contributi sono venuti da chi ha messo in luce che accanto alla nocività della  lavorazione nei vari cicli industriali (edilizia,alimentare,costruzioni navali e ferroviarie, in primis l’ecatombe degli operai delle Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie di Bologna e di Foligno ) l’amianto è stato per anni adoperato nei freni e nelle frizioni delle automobili; ma anche dove meno ce lo si potrebbe aspettare come per esempio negli imballaggi o nelle colorazione dei tessuti,nei phon per asciugare i capelli  o come isolante negli elettrodomestici. Per non dire delle tante mogli,madri e figlie che in contatto con le fibre di amianto sono venute lavando,asciugando e stirando le tute blu dei loro uomini.

Un campo, quello della esposizione della popolazione ai rischi della contaminazione della fibra killer che è un capitolo tutto da scrivere,considerando che proprio l’Italia ne è stata uno dei maggiori produttori ed utilizzatori.
Tutte storie che oggi trovano una congiunzione in Val di Susa.
Fulvio Perini , già dirigente della CGIL piemontese, una vita spesa in difesa del diritto alla salute nei luoghi di lavoro, ha evidenziato , con una serie di dati particolarmente accurati,quanto sia grave il rischio di una massiva contaminazione da amianto derivante dall’opera di perforazione del tunnel della linea Alta Velocità che dovrebbe collegare Lione a Torino.
A cominciare dal fatto che lo scavo della galleria si realizzerebbe  in uno dei territori  dove la presenza di fibre di asbesto, per la presenza di rocce di serpentino, è tra le più consistenti di tutte le Alpi, in una valle che ha la stessa conformazione geologica delle valli confinanti dove sono state chiuse nel passato imponenti attività estrattive perché disperdevano fibre tra le più nocive.
Un carico ambientale naturale al quale si sono sommati i materiali estratti dagli scavi necessari per la costruzione delle tante opere che interessano quel territorio : dal traforo internazionale del Fréjus alla gallerie dell’ autostrada,dalle centrali elettriche edificate in caverne all’ impiego delle coibentazioni  nelle tante industrie siderurgiche una volta presenti lungo tanta parte della Valsusa.
Materiali poi riutilizzati o dispersi malamente  nell’ambiente.
Un lavoro,quello di Perini, sotto traccia, frutto della collaborazione con  esperti e studiosi che colma il vuoto derivante dalla sostanziale rinuncia delle autorità pubbliche –come  le Asl o le Agenzie regionali per il controllo dell’ambiente-  ad una efficace e puntuale azione di controllo e che  dovrebbe essere preso in seria considerazione da quanti, come gli operai e gli agenti della pubblica sicurezza, sono attualmente impegnati nel cantiere della TAV in Clarea.
«Le perforazioni e la polverizzazione di giacimenti di amianto - ha scritto Erri De Luca nel pamphlet  La Parola contraria- fanno inorridire chiunque abbia notizia del guasto micidiale di uno spargimento delle sue fibre tossiche. La Val di Susa si batte contro il disastro per scongiuralo, per non doverlo piangere dopo. Si tratta della più intensa e durevole lotta di prevenzione popolare».
Parole ed azioni che tutti dovrebbero far proprie.

Maurizio Fratta

venerdì 29 maggio 2015

SABATO 6 GIUGNO ORE 17.30 BUSSOLENO PIAZZA DEL MULINO

PAOLA STACCIOLA E SILVIA BARALDINI
PRESENTAZIONE  DEL LIBRO 
"SEBBEN CHE SIAMO DONNE STORIE DI RIVOLUZIONARIE"
ED. DERIVEAPPRODI

Sebben che siamo donne Paola Staccioli
La scheda e un assaggio del libro al link: 
http://www.deriveapprodi.org/2015/01/sebben-che-siamo-donne-2/

sabato 23 maggio 2015

Libreria La città del sole - Bussoleno - sabato 23 maggio ore 18.30

Oggi pomeriggio Stefano Boni ritorna in Valle dopo la sua partecipazione all'edizione della Montagna di libri contro il tav 2014, per presentare il suo ultimo lavoro "Homo Comfort" sempre per le edizioni Elèuthera.
Di seguito a scheda del testo dal sito della casa editrice.


«Siamo sempre più dipendenti da protesi e trattamenti che ci tengono in vita, ma che riducono la nostre capacità di goderla».
Serge Latouche

La vita comoda piace a tutti, ma è proprio questa accettazione generale e acritica che va interrogata per comprendere i cambiamenti epocali indotti dall'imperante ipertecnologia. Prepotentemente entrata nella nostra routine quotidiana, la comodità è diventata non solo uno stile di vita ma anche un modo di conoscere che ha plasmato la cultura materiale e gli stessi modelli valutativi. Si configura dunque come un fatto sociale totale che ci consente di indagare la cesura antropologica che ha dato vita a una forma inedita di umanità: l'Homo comfort. Un'umanità che va liberandosi dalla fatica e dal dolore, ma che al contempo perde facoltà sensoriali e abilità conoscitive costruite nel corso dei secoli, diventando sempre più dipendente da una tecnologia che usa ma non conosce. Si delinea così un nuovo modo di stare-nel-mondo che risulta sì comodo, ma anche funzionale al mantenimento dell'ordine stabilito.


http://www.eleuthera.it/scheda_libro.php?idlib=360

Stefano Boni (Roma, 1970) si è dottorato a Oxford in antropologia e ha svolto ricerche sul campo dapprima in Ghana, poi in Venezuela e Italia. Attualmente insegna Antropologia culturale e Antropologia politica presso le Università di Modena e Reggio Emilia. Ha pubblicato saggi in antologie e riviste specialistiche ed è autore, tra l'altro, di Le strutture della disuguaglianza(Angeli, 2003).



lunedì 18 maggio 2015

Bologna 2015, Carmilla e Una montagna di libri contro il Tav al Vag 61

Ringraziamo di cuore Carmilla e il Vag 61 per l'ospitalità e l'affetto che ci hanno dedicato nell'organizzazione di questa edizione di Una Montagna di Libri contro il Tav "in trasferta".
Una piccola ed incompleta selezione dei momenti di incontro e discussione:



Vag 61 ospita Carmilla e Una Montagna di libri contro il Tav





Alberto Prunetti parla del suo libro "Amianto" con Alessandra di Carmilla e Luca 





Fulvio Perini e Luca dell'Associazione "Voci della memoria" di Casale Monferrato sul rischio amianto nelle perforazioni delle montagne



Dal reading in ricordo di Bianca Guidetti Setta "Un percorso lungo un secolo"








Valerio Monteventi presenta il suo ultimo lavoro: "Compagni di sentiero, ribelli di montagna"




Serge Quadruppani e  Valerio Evangelisti dialogano su "Letteratura, immaginario e cultura d'opposizione"









Gli attori di  Ar.Te.Mu.Da interpretano "L'incredibile manoscritto ritrovato in Valsusa. Inferno - Canto XXXIII bis"
Sui muri di Bologna



Ai prossimi incontri....

Per ulteriori informazioni, video ed immagini: www.zic.it

mercoledì 6 maggio 2015

Carmilla e Una montagna di libri contro il Tav

Bologna 15-16-17 maggio 2015
Ecco il programma definitivo della tre giorni di quest'anno 
VAG61 Via Paolo Fabbri 110 BOLOGNA


Venerdì 15 maggio

- dalle 19 : aperitivo e mostra fotografica NoTav
- ore 20 : in collaborazione con Distribuzioni Dal Basso, proiezione di "Qui", il film di Daniele Gaglianone sulle lotte della Val di Susa. Il racconto in soggettiva di dieci uomini e donne che da 25 anni si oppongono al progetto Tav: chi sono, quale è il pensiero che guida la loro tenace ribellione?
- durante la serata: cena di autofinanziamento per "Notte di inferno per i residenti", il primo album della BaLotta Continua: ska cover band, militante, resistente, antifascista... a prescindere!
- a seguire: BaLotta Continua in concerto e presentazione dell'album.


Sabato 16 maggio

10,00/10,30 : Apertura e saluto degli organizzatori e del Movimento NoTAV.
10,30/11,30 : Presentazione del libro “I ribelli della montagna. Storia del Movimento NoTAV" di Adriano Chiarelli. Incontro con l'autore e con il Movimento No Tav.
11,30/12,30 : Una montagna d'amianto. Incontro con Fulvio Perini sul rischio amianto nella perforazione del tunnel della linea AV in Val di Susa.
12,30/15,00 : Aperitivo valsusino e pranzo a cura della Brigata Cucinieri del Vag61.
15,00/16,00 : Presentazione di "Amianto", di Alberto Prunetti. Incontro con l'autore e con l'Associazione Voci della Memoria di Casale Monferrato. 
16,00/17,30  "Letteratura, immaginario e cultura d'opposizione”. Conversazioni fra Valerio Evangelisti e Serge Quadruppani.
17,30/18,00 : presentazione del libro "Compagni di sentiero, ribelli di montagna" di Valerio Monteventi.  Racconti di personaggi, a vario modo e in varie epoche, partigiani
18,00/20,00Un percorso lungo un secolo: in ricordo di Bianca Guidetti Serra. Reading collettivo degli scritti di Bianca Guidetti Serra, Santina Mobiglia, Daniele Orlandi. Poesie e testimonianza di Sante Notarnicola.  Sandro Moiso intervista Fabrizio Salmoni e Peter Freeman.
20,00/21,30 : Cena a cura della Brigata Cucinieri del Vag61.
21,30/22,30 : L'Associazione ArTeMuDa interpreta “L'incredibile manoscritto ritrovato in Valle di Susa. Dante Alighieri, Inferno – Canto XXXIII bis”.
22,30/24,00 : Alessio Lega e Guido Baldoni in concerto.


Domenica 17 maggio

10,00/13,00 : Tavola rotonda: Il Movimento NoTAV fuori e dentro la Valle. Aggiornamenti sulla lotta in Val di Susa e sugli scandali dell'alta velocità nel resto della penisola.